

Purtroppo il contesto, il tono e soprattutto l’interlocutore trasformano il senso e il tenore del discorso finiano. C’è un’aria di “comunella” tra il presidente della Camera e un magistrato di prima linea (Trifuoggi è quello che vantava una “montagna di prove” contro Del Turco) che stona e disturba. Così quando Fini accenna alla propensione monarchica di Berlusconi, Trifuoggi rincara la dose aggiungendo “è nato con qualche millennio di ritardo, voleva fare l’imperatore”. E allora Fini si sente di aggiungere: “io gliel’ho detto che poi gli tagliano la testa”. E giu’ a ridere.
Nessuno dei due interlocutori ignora che il tentativo di “tagliare la testa” a Berlusconi per via giudiziaria è come non mai chiaro e attuale. Allora, visto il rilievo dei personaggi - oltre al fatto che uno dei due è il co-fondatore del partito del premier e l’altro un pubblico ministero - ci si aspetterebbe un po’ più di pathos istituzionale.

Lo stesso, e forse a maggior ragione, vale quando nella chiacchierata entra in scena in fattore Spatuzza. Fini non mostra nessuno scetticismo al riguardo, anzi considera le dichiarazione del pentito una potenziale “bomba atomica”. La sua preoccupazione è che i magistrati non commettano errori e si muovano con scrupolo. Quando poi Trifuoggi gli dice che – bomba o non bomba – le indagini vanno fatte, Fini è drastico: “ci mancherebbe altro”.
Fini aveva già fatto osservazioni del genere al seminario del Pdl a Gubbio nel settembre scorso e già non erano piaciute. E’ nuovo però il contesto, alla vigilia delle dichiarazioni di Spatuzza in tribunale che dovrebbero dimostrare come Berlusconi fosse il mandante occulto delle stragi di mafia. Ed è inedita –suo malgrado – una certa aria malandrina con cui il presidente della Camera tratta l’argomento.
Fini non sembra ritenere inconcepibile un simile scenario, anzi si dimostra consapevole degli effetti che una rivelazione del genere avrebbe sul panorama politico-istituzionale. Un po’ come se lui fosse un osservatore esterno e non l’alleato della prima ora.
C’è infine una parola che Fini pronuncia deliberatamente al microfono, per capirci “dentro l’onda”. La parola e “bravo!”. Ed è indirizzata a Nino Di Matteo, sostituto procuratore della Direzione Nazionale Antimafia di Palermo che, con il collega Antonio Ingroia, sta raccogliendo le dichiarazioni di Massimo Ciancimino (ndr figlio di Vito) sulla trattativa avvenuta nel '92 fra Cosa nostra e la nascente Forza Italia, e che in quel momento concludeva il suo intervento dal podio.
Intervento di cui Fini non aveva sentito una sola parola.
Scarpinato: ''Cosa Nostra alle corde? Favola di regime''
30 novembre 2009Bologna.
"Se non ci emancipiamo da questa favoletta di regime
secondo la quale la mafia è alle corde, perché la mafia
è solo Provenzano e Riina...
...e se non capiamo che la mafia si combatte sì sul fronte giudiziario, ma che la battaglia si vince o si perde sul fronte dei rapporti tra mafia e politica, bene, noi tra 20 anni ci troveremo qua a chiederci perché ancora si paga il pizzo".
E' la parte finale di una lunga e desolata relazione del procuratore aggiunto di Palermo Roberto Scarpinato a Politicamente Scorretto, la manifestazione di Casalecchio di Reno voluta dallo scrittore Carlo Lucarelli. Scarpinato, in un dibattito che sul palco ha visto tra gli altri anche la vedova di Libero Grassi, ha fatto un'analisi impietosa del fenomeno. Ricostruendo la duplice faccia della mafia: quella bassa e popolare dei Provenzano e dei Riina che si alimenta delle estorsioni, e quella della borghesia mafiosa, professionisti, politici, che restano in carica nonostante condanne passate in giudicato nei consigli di amministrazione delle società o negli organismi politici.![]()
Se la prima sembra in difficoltà,
per gli arresti dei capi e di
centinaia di picciotti, ha detto
Scarpinato, la seconda è ancora
lì a lucrare sui fondi pubblici,
statali ed europei, e a creare
quel degrado in cui la mafia
popolare si rialimenta.
"La mafianon è solo una storia di brutti sporchi e cattivi"
ha detto ancora il Procuratore aggiunto "perché altrimenti
sarebbe stata sconfitta, come il banditismo e il terrorismo.
E' lecito chiedersi quale coerenza ci sia in uno stato
cheobbliga a denunciare il pizzo e contemporaneamente
vara lo scudo fiscale".
ANSA
